1720
4 ottobre: nasce da Angelo e Laura Lucchesi a Mojano
di Mestre.
1735 - 40
Studia con lo zio Matteo Lucchesi, architettura con
Giovanni Scalfurotto, prospettiva e incisione con Carlo Zucchi.
Dal fratello Angelo, monaco certosino, apprende storia romana e
latino.
1740
Parte per Roma, come disegnatore, al seguito del
nuovo Ambasciatore di Venezia, Francesco Venier.
1741
Inizia a incidere le piccole Vedute per editori
romani.
1741-43
Frequenta lo studio dell'incisore Giuseppe Vasi.
1743
Prima parte di Architetture, e prospettive inventate,
ed incise da
Gio. Batta. Piranesi Architetto Veneziano dedicate al Sig.
Nicola Giobbe.
1743 - 44
Nella bottega di G.B. Tiepolo (?). A Venezia ha
qualche piccolo incarico, si crede, di decorazione.
1744
Pianta del Corso del Tevere (con Carlo Nolli). Esegue
i Capricci.
1744 - 46
Agente di G. Wagner a Roma: si installa al Corso,
davanti all'Accademia di Francia.
1745
Invenzioni capric di carceri all'acquaforte date in
luce da Giovani Buzard Roma Mercante al Corso.
1745 - 1778
Vedute di Roma.
1748
Riunisce nelle «Vedute varie di Roma antica e moderna
disegnate e intagliate da celebri autori» presso il libraio
Fausto Amidei, le Vedutine già incise (47 tavole su 94).
Antichità Romane de' Tempi della Repubblica, e dei primi
Imperatori, disegnate, ed incise da Giambattista Piranesi
Architetto Veneziano.
Pianta di Roma nella edizione di G.B. Notti.
1749
P.L. Ghezzi gli fa la caricatura (D2).
1750
G. Polanzani incide il ritratto di G.B. Piranesi
(Dl).
1750
Opere Varie di Architettura prospettive grotteschi
Antichità sul gusto degli antichi Romani inventate, ed incise da
Giambattista Piranesi Architetto Veneziano raccolte da Giovanni
Bouchard Mercante Librajo al Corso in Roma 1750.
Vedute varie di Roma antica e moderna disegnate e intagliate da
celebri autori; nuova edizione (39 tavole su 79 del Piranesi).
c. 1750/51
Camere Sepolcrali degli antichi Romani le quali
esistono dentro e fuori di Roma.
1751
Le Magnificenze di Roma (34 Vedute di Roma)
pubblicato da Giovanni Bouchard.
1752
Raccolta di varie vedute di Roma si antica che
moderna intagliate la maggior parte dal celebre Giambattista
Piranesi e da altri incisori. Libraio G. Bouchard (47 tavole su
96 del Piranesi).
Sposa Angela Pasquini, che sembra fosse figlia del giardiniere
del principe Corsini. Impiega la dote per acquistare le lastre
di rame per le incisioni delle Antichità Romane.
1753
Trofei di Ottaviano Augusto Innalzati perla vittoria
ad Actium e conquista dell'Egitto Con vari altri ornamenti
diligentemente ricavati dagli avanzi più preziosi delle
fabbriche antiche di Roma utili a Pittori Scultori ed Architetti
... Si vendono in Roma da Giovanni Bouchard Mercante Libraio sul
Corso a S. Marcello in Roma. 1753.
1755
Nasce la figlia Laura. Incontra Robert Adam.
1756
Antichità Romane. Opera di Giambattista Piranesi
Architetto. Veneziano (4 volumi).
1757
Viene eletto membro onorario della Società degli
Antiquari di Londra (D11) il 24 febbraio.
1757
Lettere di giustificazione scritte a Milord
Charlemont e a di Lui agenti di Roma dal Signor Piranesi Socio
della real società degli antiqùarj di Londra. Intorno la dedica
della sua opera delle antichità romane fatta allo stesso signore
ed ultimamente soppressa.
1758
Il 3 maggio muore Benedetto XIV. Il 6 luglio viene
eletto il veneziano Carlo Rezzonico che assume il nome di
Clemente XIII.
1758 o 1759
Nasce Francesco Piranesi
1760-61
Carceri d'invenzione di G: Battista Piranesi Archit.
Vene. Presso l'autore a Strada Felice vicino alla Trinità dei
Monti. 2a edizione.
1761
2 febbraio: viene nominato Accademico di S. Luca .
Dalla primavera si stabilisce a Palazzo Tomati, Strada Felice
(l'attuale Via Sistina) presso Trinità dei Monti.
1761
Da quest'anno comincia a distribuire delle incisioni,
a foglio unico, che intitola «Catalogo delle opere date finora
alla luce da Gio. Batt. Piranesi». Nel foglio elenca la sua
produzione che continuerà ad aggiornare nelle successive
riedizioni.
Della Magnificenza ed Architettura de' Romani: Opera di Gio.
Battista Piranesi socio della reale accademia degli antiquari di
Londra. Le Rovine del castello dell'Acqua Giulia situato in Roma
presso S. Eusebio e falsamente detto dell'Acqua Marcia colla
dichiarazione di uno de' celebri passi del commentario
Frontiniano .., di Gio Battista Piranesi. Si vendono presso
l'autore presso Trinità de' Monti, in Roma 1761 nella stamperia
di Generoso Salomoni.
1762
Ottiene larghi aiuti dal papa Rezzonico per le sue
pubblicazioni.
J.B Piranesii Lapides Capitolini sive Fasti Consulares
triumphalesque Romanorum ab urbe condita ... con dedica a
Clemente XIII. Il Campo Marzio dell'antica Roma Opera di G.B.
Piranesi socio della reale società degli antiquari di Londra con
dedica a Robert Adam. Descrizione e disegno dell'Emissario del
Lago Albano di Giovanni Battista Piranesi.
Di due spelonche ornate dagli antichi alla Riva del Lago Albano.
1763
Visita Chiusi e Corneto.
Accurata e succinta descrizione topografica dell' Antichità di
Roma dell'Abate Ridolfino Venuti Cortonese. In Roma 1763.
1764
Antichità d'Albano c di Castcl Gandolfo Descritte ed
incise da Giovambattista Piranesi in Roma 1764. Frontespizio con
dedica a Clemente XIII.
Blackfriars Bridge.
4 tavole per «The Works in Architecture» di R. e J. Adam
pubblicato nel 1779. Raccolta di alcuni disegni del Barberi da
Cento detto il Guercino. In Roma 1764.
Riceve l'incarico del restauro e della ristrutturazione
dell'abside e del coro di S. Giovanni in Laterano. Esegue i
disegni e il progetto, ma non l'opera. Il Cardinale G.B.
Rezzonico gli commissiona il restauro di S. Maria del Priorato
sull'Aventino.
1764 c.
Antichità di Cora descritte ed incise da Giovanni Battista
Piranesi.
1765
Osservazioni di Gio. Battista Piranesi sopra la
lettere di M. Mariette aux auteurs de la Gazette Litteraire de L'Europe,
inserita nel Supplemento della stessa Gazzetta stampata Domenica
4 novembre 1764 e Parere su l'architettura, con una Prefazione
ed un nuovo Trattato della Introduzione e del Progresso delle
Belle Arti in Europa ne' tempi antichi.
1765 dopo
Alcune Vedute di Archi Trionfali, ed altri Monumenti
Innalzati da Romani ... disegnati ed incisi dal Cavalier Gio
Batista Piranesi. (Antichità Romane del 1748 con nuovo titolo).
1766
Accurata e succinta descrizione topografica e
storica di Roma moderna. Opera postuma dell'abate Ridolfino
Venuti Cortonese. Stampata da Carlo Barbiellini (molte edizioni
fino al 1802 e 1824). In ottobre finisce i lavori di S. Maria del
Priorato (D19). Il 20 ottobre Clemente XIII visita i lavori
ultimati.
1767
Lavora nell'appartamento del cardinale Rezzonico al
Quirinale.
È nominato dal papa, Cavaliere dello Speron d'oro. Disegna e
ritrae più volte i resti di Villa Adriana a Tivoli.
1769
Diverse Maniere d'adornare i cammini ed ogni altra
parte degli edifizj desunte dell'architettura Egizia, Etrusca, e
Greca con un Ragionamento Apologetico in difesa
dell'Architettura Egizia, e Toscana Opera del Cavalier
Giambattista Piranesi Architetto. Dedica al Cardinale G.B.
Rezzonico.
Muore papa Clemente XIII
1770
Da questo anno continuerà a visitare Pompei ed
Ercolano.
1772
Entra in polemica con l'Accademia di S. Luca per il
monumento da dedicare a Pio Balestra.
1773
Trofeo O Sia Magnifica Colonna Coclide di Marmo
Composta di grossi macigni ove si vengono Scolpite le due guerre
Dacie Fatte da Traiano innalzate nel mezzo del gran foro eretto
al medesimo imperatore per ordine del senato e popolo Romano
dopo i suoi trionfi il tutto architettato da Apollodoro...
Dedica al Papa Clemente XIV.
1775/6 c.
Colonna Antonina.
1777
Visita e disegna i templi di Pesto: sono i suoi
ultimi disegni.
1778
Pianta di Roma e del Campo Marzio.
Vasi Candelabri Cippi Sarcofagi Tripodi Luceme ed ornamenti
antichi disegnati ed incisi dal cav. Gio. Batt. Piranesi
pubblicati l'anno 1778.
Differenti viste dei resti di tre grandi edifici ancora visibili
dell'antica città di Pesto, altrimenti Posidonia , situata in
Lucania.
Non riesce a incidere tutte le tavole delle Vedute di Pesto: il
figlio Francesco lo aiuterà a completarle.
G.B. Piranesi muore il 9 novembre nella
sua casa di Roma. I funerali si svolgeranno a S. Andrea delle
Fratte dove viene inumato provvisoriamente in attesa di essere
sepolto definitivamente nella tomba fatta preparare per lui dai
Rezzonico in S. Maria del Priorato sull'Aventino.
La famiglia commette allo scultore
Giuseppe Angelini l'incarico di scolpirne la statua.
1779
A Londra è pubblicata l'opera «The Works in
Architecture» di R, e J. Adam. Essa contiene quattro tavole che
erano state incise dal Piranesi, su disegno di Robert Adam, nel
1764.
Da questo anno in poi prosegue l'attività
della calcografia: i figli Francesco e Laura continuano a
incidere. Pietro segue e controlla le vendite.
1792
Si pubblica il Catalogo generale delle sue opere.
1799
A causa di motivi politici, Francesco e Pietro
emigrano a Parigi, dove continuano l'attività della Calcografia.
1800
Francesco e Pietro ristampano le opere del padre. Il
Legrand prepara un manoscritto che doveva essere premesso alle
opere.
1810
Muore Francesco.
1835 - 39
La casa Firmin-Didot acquista i rami incisi e
pubblica le opere del Piranesi.
1839
Il papa Gregorio XVI decide, attraverso il cardinale
Antonio Tosti, l'acquisto di tutti i rami della Calcografia
Piranesi, che così ritornano definitivamente a Roma.
Sia permesso, in questa occasione, almeno
un breve accenno alle prime date veneziane. Sulla vita del
Piranesi abbiamo due punti fermi. La nascita a Mojano di Mestre,
secondo l'indicazione del Canova (qui riportata nella
Documentazione al Dl) e il battesimo (qui al Dio) nella chiesa
veneziana di S. Moisé, l'8 novembre 1720. L'atto segna, come
data di nascita il 4 di ottobre. Il problema del luogo non è di
grande rilevanza. Mojano di Mestre è una località non lontana da
Venezia, segnata sulle carte topografiche dell'epoca e
corrisponde al territorio a destra del «Terraglio», la strada
che da Mestre porta a Treviso, all'altezza dell'attuale comune
di Mogliano, oggi in provincia di Treviso. A.H. Mayor ha
ipotizzato la possibilità che il padre si trovasse con la
famiglia in terraferma impegnato - come direttore di lavori,
quale in realtà era - in qualche importante costruzione: e
questo spiegherebbe meglio di tutto l'incertezza dei documenti
sul luogo della nascita. Un altro problema di date veneziane è
dato dalla partenza e dal ritorno sulle lagune e quindi serve a
precisare il primo soggiorno a Roma del giovane artista. Il
Legrand, biografo molto spesso attendibile per essere stato in
dimestichezza con Francesco Piranesi e la sua famiglia sia a
Roma che a Parigi, riferisce la favorevole occasione di un nuovo
ambasciatore che si doveva inviare a Roma e il giovane artista
fu così immesso nel seguito come «disegnatore»: andando incontro
al vivissimo suo desiderio di visitare la città che stava al
culmine dei suoi pensieri. Questa occasione deve essere stata
offerta dalla nomina di Francesco Venier che venne chiamato a
sostituire il ben più noto Marco Foscarini, futuro doge e sempre
scambiato come protettore del Piranesi; il che a me sembra in
contrasto con la realtà, in quanto ormai l'ambasciatore
Foscarini era alla fine del suo mandato. Francesco Venier
risulta invece a Roma dall'ottobre del 1740 e, dalla stessa
città, firma ancora un suo dispaccio del dicembre 1743. A me
pare quindi che, meglio di tante supposizioni, le date di
permanenza dell'ambasciatore veneto precisino la presenza a Roma
del giovane Piranesi. Queste date, d'altra parte, trovano
riscontro nella lettera di dedica a Nicola Giobbe del 18 luglio
1743, dove egli uova il modo di dire parlando del suo soggiorno
romano: «... si va compiendo il terzo anno». A questo punto mi
sembra probabile il ritorno a Venezia assieme all'ambasciatore
Venier nell'inverno del 1743-44. Un altro punto sicuro della sua
biografia è, infatti, costituito dalla lettera che l'artista
invia da Venezia a Mons. Giovanni Bottari, il bibliotecario dei
principi Corsini, spedita il 29 maggio 1744 (qui D22).
Dopo questa data non esiste altro aggancio
dell'artista con Venezia: se ne va definitivamente a Roma per
non tornare più sulle lagune. Il suo rapporto con Venezia è
decisamente un rapporto difficile: continuerà a chiamarsi e a
dichiararsi «architetto veneziano», ma questo poteva anche
essere un modo per differenziarsi nell'ambiente artistico
romano, e ciò concorderebbe con la posizione di isolato da lui
sempre assunta. Poteva anche definirsi veneziano per gli indubbi
legami di cultura e di esperienza artistica, per il suo primo
avviamento agli studi di architettura e di prospettiva -
proveniva da una famiglia di costruttori ed era nipote di Matteo
Lucchesi - per gli insegnamenti che gli erano venuti da artisti
veneziani che, come io penso, egli riscopre o meglio scopre solo
al suo rientro a Venezia, prima di abbandonarla per sempre. Ma
forse questa «scoperta» non è stata altro che il suo incontro
con il Tiepolo. I biografi amano ripetere che Piranesi sarebbe
stato alla sua scuola, nel suo studio, che avrebbe lavorato con
lui. Non abbiamo dati per affermarlo: però abbiamo certe
consonanze stilistiche proprie degli anni 1743-1744 che non ci
fanno dubitare che l'incontro - di qualsiasi tipo fosse - fu
risolutivo e determinante per il giovane Piranesi. Ci sarà
occasione di ritornare e di approfondire questo problema, ma si
può dire intanto che il fatto non deve stupire. Tiepolo è la
figura dominante dei mesi che il Piranesi passa a Venezia e le
straordinarie capacità del pittore devono averlo affascinato.
C'erano indubbiamente delle differenze trai due artisti: non
però di statura. E questo deve aver facilitato l'incontro. Solo
attraverso il Tiepolo, Piranesi deve avere intravisto lontani
mondi rinascimentali e al di là di questi una antichità evocata
con ironia più che nei suoi valori eroici: forse più affini al
Piranesi. Ma ma pur sempre questo, un modo di capirsi, mentre
altri artisti lagunari il giovane Piranesi deve avere sentiti
estranei e lontani dai suoi sogni e dalle sue brucianti passioni.
E, pur entusiasta di Palladio, deve aver subito compreso quanto
grande fosse la distanza tra il maestro del Cinquecento e i
pedissequi seguaci palladiani del proprio secolo. Ma non è
questo il luogo per dilungarsi su questo rapporto. Interessante,
invece, è la difficoltà che rimane tra lui e Venezia, d'altra
parte esplicitamente dichiarata.
Fu probabilmente la vita movimentata dei
figli di Piranesi, soprattutto di Francesco, che immischiato in
avvenimenti politici, emigrò col fratello Pietro a Parigi nel
1799, a causare la perdita o la distruzione di un materiale
ricchissimo, di documenti, di lettere, di carte. Secondo il
Bianconi esisteva addirittura una autobiografia: tutto sembra
andato perso. Cosicché ogni carta, ogni lettera superstite
acquista un valore eccezionale e, assieme ai suoi scritti, va
tenuta in gran conto. Illuminante, a mio avviso e specie per
quanto riguarda i rapporti con Venezia, è la lettera citata dal Biagi in riassunto (e qui trascritta nella Documentazione al
D3J), spedita nel marzo del 1778, (pochi mesi quindi prima di
morire) a una sorella abitante a Venezia. In essa Piranesi fa un
po' il bilancio della propria vita e, schietto come sempre, si
lascia andare a considerazioni di estremo interesse. Parla delle
sue opere - a quel momento 18 volumi atlantici - che «il Santo
Padre ne faceva a quando a quando acquisto per regalarle ai
Principi che visitavano Roma, pagando 200 scudi per copia». Si
dichiara «figlio di Roma» perché a Roma il suo talento era stato
conosciuto, perché Roma con i suoi monumenti lo aveva ispirato,
perché era stato fatto Cavaliere, perché aveva fatto fortuna:
parla di una sostanza di «60.000 scudi, parte dei quali
utilmente investiti e parte componevano i capitali, di cui la
sua officina e museo si trovano forniti ». Si scaglia «contro la
meschinità e l'inerzia degli italiani» del suo secolo e loda le
«profusioni della Nazione inglese ». È a questo punto, dopo
tutte queste informazioni, che il suo sfogo diventa ancor più
importante, supera il fatto biografico, penetra nell'essenza
delle cose e, per noi, vale più di interi volumi : «... Se
dovesse scegliersi una patria preferirebbe Londra, a tutte le
città dell'Universo ». E ancora: «... esule da Venezia, sua
patria, per non aver potuto ottenere nemmeno un impieguccio...
non vi farà mai più ritorno tanto più che questa città,
quantunque adorna di magnificentissimi edifici e dipinti, non
era teatro capace a dar pascolo alla sublimità dei suoi
grandiosi concepimenti, come lo era Roma, e le altre città
dell'Italia meridionale». Parole estremamente chiare e anche
coerenti con le linee di comportamento dell'ormai lungo suo
operare - siamo nel 1778 - e che assumono ulteriore interesse
nel confronto con le idee, gli intendimenti e programmi di molti
anni prima - del 1743 - quando muoveva i primi passi appena
giunto a Roma.
La cultura moderna ha accentuato
indubbiamente l'aspetto teorico delle sue opere e dei suoi
scritti. Valga soprattutto l'esempio della lettera di dedica a
Nicola Giobbe, posta in testa alla «Prima Parte... », un
documento che, dopo essere stato trascurato per decenni, gode
adesso di un favore giustamente riconosciuto. Potrà sembrare
strano che un tale testo chiave sia stato trascurato o non preso
nella considerazione come meritava. Le idee di Piranesi - aveva
appena ventitre anni - sono già espresse con grande chiarezza e
fanno subito capire quali siano i suoi interessi in
architettura, la sua posizione polemica, la sua passione per
l'architettura romana, il suo abbandono di Venezia, la
limpidezza critica delle sue linee di azione. Questo testo non
trascura nessuno degli elementi essenziali dell'arte, delle idee
e degli atteggiamenti piranesiani: la passione per Roma «Regina
delle Città» dalle «auguste reliquie che restano ancora
dell'antica maestà e magnificenza romana »; l'entusiasmo per
l'architettura « l'esattissima perfezione delle architettoniche
parti degli edifici, la rarità, o la smisurata mole de' marmi...
o quella vasta ampiezza di spazio, che uma volta occupavano i
Circhi, i Fori, o gl'Imperiali Palagi... queste parlanti ruine...»;
l'accenno agli studi quando dichiara che dei monumenti non era
riuscito, prima di vederli, a farsene un'idea, nonostante che si
tenesse «... sempre innanzi agli occhi» i disegni che ne aveva
fatto «l'immortale Palladio»; la sfiducia «né essendo sperabile
a un Architetto di questi tempi di poterne effettivamente
eseguire alcuna »; la critica verso i committenti romani: «...
colpa di quelli che farsi dovrebbero Mecenati »... «e sottrarla
[l'architettura] all'arbitrio di coloro, che i tesori
posseggono, e che vi fanno credere di potere a loro talento
disporre delle operazioni della medesima »; e quindi nel
pessimismo, l'unica possibilità di agire: «spiegare con disegni
le proprie idee»... «l'arte di disegnare non solo le mie
invenzioni, ma di intagliarle ancora nel rame». La spiegazione
del Piranesi, «architetto veneziano», incisore, archeologo, sta
tutta, nitida e chiara, in questa lettera.
Molta acqua è passata sotto i ponti - e
non solo sotto quelli romani del Piranesi - da quando i primi
pionieri hanno affrontato settanta e sessanta anni fa la mole
immane dell'opera piranesiana. A. Giesecke, A.M. Hind ed H.
Focillon sono stati i primi a dare l'avvio a una lunga sequenza
di studi (e la bibliografia alla fine di questo catalogo ne è
fedele testimonianza) che, recentemente, ha trovato una
rinnovata vitalità. Per completezza di indagine filologica,
penetrazione critica e larga informazione culturale, la
monografia e il catalogo del Focillon rimangono tuttora validi,
degni dell'intelligenza critica e capacità di sintesi del grande
storico dell'arte. E giustamente, quando si è pensato di
preparare l'edizione italiana dei suoi testi, nell'integrare con
le novità gli apporti filologici post-Focillon, si è seguito una
linea molto opportuna senza abbandonare la vecchia struttura del
suo catalogo. Questa nuova edizione (a cura di M. Calvesi e A.
Monferini) ha indubbiamente dato una scossa benefica agli studi
piranesiani in Italia, e non solo in Italia, anche perché è
servita da filtro e punto di riferimento per quanto su Piranesi
era stato fatto fino al 1967. Inutile qui rifare la storia di
tale lavoro, già esaminato con scrupolo e intelligenza nelle due
Introduzioni, di Calvesi alla monografia e di Monferini al
catalogo: desidero solo ricordare qualche pubblicazione e
qualche studio più recenti. Dal catalogo della Mostra alla
Calcografia Nazionale e a quello all'Accademia di Francia del
1976, agli interventi di A. Robison del 1970 soprattutto per le
precisazioni filologiche ; ai saggi penetranti di Carlo Bertelli
; alle Opere Polemiche di J. Wilton-Ely, e alla brillante
sintesi di R. Bacou; alla monografia di J. Scott, ricca miniera
di informazioni; agli interventi di Elena Bassi sull'ambiente
cltlturale veneziano e di A. Gonzalez-Palacios sui mobili ; ai
cataloghi della Galleria Colnaghi, a quelli di T. Villa Salamon;
alle sottili considerazioni di M. Tafuri sull'ideologia
piranesiana, fino agli studi apparsi in questo anno centenario:
i cataloghi delle Mostre di Londra, di Washington e gli Atti del
Convegno « Piranèse et les Français » e il saggio-monografia di
J. Wilton Ely. Sono state pubblicate in queste ultime settimane
e non sempre si è fatto in tempo a tenerne conto nella
preparazione di questo catalogo. Ma non tutto, d'altra parte, ho
potuto inserire in questa mia affrettata lista.
A duecento anni di distanza questo artista
continua a interessare, a essere vivo, a trovare rispondenze
anche nelle pieghe più sottili della nostra cultura. Visitare e
vedere questa mostra dovrebbe servire anche a farsi un'idea e a
trovare la linea ben chiara che unisce le sue varie opere in una
coerenza stilistica, culturale, ideologica, dalle prime timide
«Vedutine» fino alle ultime «Vedute di Pest ». La realtà vuole
che le primissime e ultime sue opere siano appunto «Vedute». E
proprio di questo genere di incisioni egli visse e questa fu la
sua vera attività professionale che gli procurò fama e danaro.
Con altre idee egli aveva lasciato Venezia, il suo vero chiodo
fisso essendo l'architettura, il dibattito sull'architettura,
l'utopia per un'architettura : quella idea che persegue
linearmente e costantemente fin dalla «Prima Parte di
Architetture e Prospettive» del 1743. E allora aveva solo 23
anni!
Ma se la consapevolezza dell'importanza e
grandezza del Piranesi è abbastanza recente è forse la
personalità di maggior spicco del nostro Settecento - lo è anche
perché si tratta di un artista che si è mosso e che ha operato
siti crinale di situazioni diverse e opposte: il mondo barocco
da una parte, quello neoclassico dall'altra. Anticipatore di un
interesse per il mondo antico, egli nonostante le sue
anticipazioni, rimane estraneo alla poetica del neoclassicismo,
trovando l'humus della sua vivida immaginazione nella spinta e
nella tensione che gli offriva il mondo formale barocco e il
sostegno morale e intellettuale nelle idee dell'Illuminismo.
Nell'opera piranesiana esistono tre
componenti ché si possono individuare: la vocazione
all'architettura, la passione per l'archeologia e la dedizione
al Vedutismo. L'interessante sta nel riscontrare come queste tre
componenti si intersechino, si mescolino, servano ad accentuarsi
nel loro incontro per quel risultato finale che è l'opera
piranesiana. Tutte e tre queste componenti poi, trovano il loro
punto di riferimento - che a sua volta è l'elemento portante
della sua creazione - in quella capacità di invenzione e in
quella accensione barocca che della sua battaglia per
l'architettura, della sua ricerca archeologica e della sua
impaginazione prospettica crea sempre un risultato poetico, un
«fatto d'arte».
Il grande mezzo espressivo, il veicolo che
servì a trasmettere le sue visioni, fu l'acquaforte, che egli
usò con libertà e spregiudicatezza sperimentando e variando
continuamente nei più vari modi: per noi inclassificabili. Quasi
ogni opera presenta novità e sorpresa. Il ritorno più volte
sullo stesso rame, già inciso, con rielaborazioni e rimorsure e
l'uso variato degli inchiostri (alle volte con aggiunta di
seppia) dà risultati di «colore» sorprendenti e effetti
pittorici che fanno pensare alla sua radice veneta: dal nero
cupo, al nero lucido, al grigio, all'argento, ottenendo
talvolta, toni raffinati, vellutati. Sul frontespizio della
«Raccolta di alcuni disegni del ... Guercino» abbiamo potuto
trovare una frase che è emblematica: «Col sporcar si trova». È
il vero motto della sua poesia.
Giambattista Piranesi, architetto
veneziano, fra gli arcadi Salcindio Tiseio, membro onorario
della Società degli Antiquari di Londra, Socio dell'Accademia di
San Luca, Cavaliere dello Speron d'oro, figlio di Roma, moriva
il 9 novembre 1778, circondato dalla famiglia, rifiutando le
cure mediche, chiedendo ancora una volta di leggere Tito Livio,
di rivedere i suoi disegni, le sue acqueforti, i suoi rami
incisi.
A duecento anni di distanza lo ricordiamo
isolato e solitario nella sua grandezza, come un antico eroe
fuori del suo vero tempo; dell'antichità ormai inerte egli ha
saputo trasmetterci un'immagine ancora viva e palpitante;
dell'archeologia ci ha dato una scienza di precisa informazione
e non di vuoto romanticismo; dell'architettura ha individuato
con precorrimento i termini di una crisi e ne ha intuito con
anticipo il valore drammatico.
San Giorgio Maggiore, Agosto 1978
Alessandro BETTAGNO |